mercoledì 4 giugno 2025

PIEMONTE: CON IL FAI A MIASINO

Buongiorno e bentornati a Libere Uscite.

Nel weekend di Primavera organizzato dal FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, mi è stato possibile visitare alcuni dei beni architettonici utilizzando la tessera Soci di coppia assieme a mio marito.

Ne abbiamo approfittato per recarci, tra le tante proposte interessanti, a Miasino, un delizioso borgo sulla sponda orientale del Lago d’Orta. Abbiamo visitato la spettacolare Villa Nigra che si trova proprio nel cuore del paese.

E’ una costruzione tra le più belle e famose del territorio, esempio di residenza signorile cusiana.




Il nucleo fu fatto edificare nel Cinquecento dalla ricchissima famiglia Mantelli, ma i suoi diversi corpi di fabbrica ci parlano di tre differenti fasi di costruzione: quella del tardo Rinascimento, del periodo barocco e poi del Settecento, quando furono annesse l’orangerie e la torretta panoramica.




I loggiati e i porticati sono caratteristici dell’architettura della zona.




La villa ebbe diversi proprietari, ultimo dei quali fu l’architetto Carlo Nigra e le ultime ad abitarci furono le sue figlie.




Dal 2004 la dimora è proprietà dell’amministrazione comunale di Miasino ed è diventata luogo per eventi culturali come ad esempio un festival dedicato alla musica jazz che si svolge nell’ampio giardino con piante secolari, tra le quali una camelia centenaria.




I volontari del FAI ci hanno condotto anche alla chiesa di San Rocco, santo protettore dalle malattie e dalla peste. In questo luogo preesisteva un’antica chiesa romanica, ma dal 1627, su progetto di un architetto milanese, fu iniziata la costruzione di quella che vediamo oggi. Caso volle che i lavori fossero interrotti proprio dalla terribile pestilenza del 1630 narrata dal Manzoni ne I Promessi Sposi, che colpì ovviamente anche quella zona (che smacco per San Rocco!).




La chiesa rimase incompiuta per moltissimo tempo e fu terminata solo nel 1933 dall’architetto Nigra, proprio quello della villa. All’interno ci sono decorazioni di grande pregio, stucchi, dorature, affreschi e tele di artisti lombardi ma anche toscani. 






L’edificio dopo la guerra rimase abbandonato, ma grazie agli ultimi restauri è tornata a risplendere affacciata sulla splendida balconata rivolta verso il lago.




lunedì 2 giugno 2025

GERMANIA: PACE A LINDAU

 Lindau è una deliziosa cittadina tedesca affacciata sul Bodensee, che in Italia si chiama Lago di Costanza.

Questo bacino di forma molto allungata si estende ai piedi delle Alpi e Lindau si trova all'incirca nella zona in cui si affollano i contorti confini di Germania, Svizzera, Austria e Liechtenstein, Paesi desiderosi di godere, anche se solo per pochi chilometri, delle bellezze lacustri, trovandosi essi così lontani dal mare.




Lindau ha una particolarità che la rende unica: la sua parte più antica e caratteristica sorge su un'isola (collegata alla terra ferma da due lunghi ponti, stradale e ferroviario), un'attrattiva irresistibile per chi, come me ama fotografare.






La vicinanza stretta tra l'orizzontalità dell'acqua e la verticalità dei monti, la durezza degli antichi torrioni difensivi accanto alla leziosità dei decori sulle case colorate e fiorite creano contrasti molto interessanti così come la sagoma di una barca a vela sullo sfondo delle montagne.




Anche le differenze tra due delle più importanti chiese cittadine colpiscono subito: sulla Kirchplatz si oppongono (oggi per fortuna solo architettonicamente) la chiesa evangelica di Santo Stefano e il duomo cattolico dedicato alla Madonna.






Sia all'esterno che all'interno le strutture e le decorazioni sono del tutto differenti: la sobrietà della Chiesa Evangelica Luterana si rispecchia nell'ambiente di preghiera, in netto contrasto con l'opulenza di quella cattolica.






Per rimanere in tema di edifici religiosi, ho visitato anche la più antica parrocchia di Lindau risalente al IX secolo. E' dedicata a San Pietro, probabilmente in riferimento alla professione di pescatore praticata sull'isola.




Nel XVII secolo fu profanata e nel 1928 diventò un monumento alle vittime delle guerre. All'interno si trovano infatti numerose epigrafi che ricordano i soldati di Lindau morti durante le guerre mondiali e le vittime del Nazionalsocialismo.

La città vuole sottolineare la sua vocazione pacifista con un percorso turistico chiamato "Lindauer Friedenweg", la Strada della Pace di Lindau, che porta ad ammirare installazioni e luoghi presso i quali riflettere sulla necessità di mantenere pace e apertura verso i popoli e le religioni. Dalla brochure illustrativa in tedesco traduco a grandi linee:

- Che sia chiaro che la pace mantenuta in Europa per settant'anni non è uno stato di natura, bensì bisogna tener presente che è sempre necessario lottare contro i nascenti nazionalismi.

- Sono da sostenere le iniziative contro l'esportazione illegale di armi nei territori di guerra.

- Noi contrastiamo radicalmente le nuove forme di antisemitismo e antislamismo. 

- E' nostro compito difendere in modo permanente il diritto d'asilo e i diritti umani.

Solo questo depliant vale la visita a Lindau.

 



giovedì 22 maggio 2025

LOMBARDIA: VAL CAMONICA, BRENO

 La casualità mi ha condotto in Valle Camonica. 

A Brescia per motivi di prole, io e mio marito abbiamo imboccato la strada per il Lago d'Iseo e poi abbiamo proseguito sotto una lunga serie di ampie gallerie verso nord fino a Breno, in bassa valle. La silhouette di un antico maniero turrito si stagliava sullo sfondo di alte montagne innevate e così: - Andiamo a vedere il castello! -



 Detto fatto. Sistemata la Jeep in un comodo parcheggio sotterraneo, siamo saliti lungo una stradina acciottolata che in pochi minuti ci ha condotto sulla cima della collina. Lassù, dove si gode il panorama del paese e delle montagne intorno, vi bivaccarono i cacciatori del Paleolitico, poi vissero nelle capanne gli allevatori Neolitici, vi furono svolti rituali religiosi dai Camuni nell'Età del Ferro, prima della dominazione romana.

Il castello che si trova in quel luogo quindi, non è solo una costruzione composta da vari edifici medievali, ma è un insieme di culture sovrapposte che passano da quella antica romana a quella di Federico Barbarossa, fino alla signoria della Repubblica di Venezia nel secolo XV.



Punte di frecce, selci levigate, focolari e pavimentazioni in cocciopesto veneziano si mischiano sotto i ruderi delle alte torri e delle mura merlate. Ciò che rimane della fortezza  è ben restaurato. Le costruzioni sono stabilizzate e messe in sicurezza. Sono stati realizzati alcuni ambienti chiusi con vetrate per l'accoglienza dei visitatori e per i lavoratori didattici. Un ampio giardino è a disposizione per passeggiare e bellissimi cartelli illustrativi raccontano le storie del luogo.



Mio figlio si chiama Michele, quindi mi hanno colpito subito i resti della piccola chiesa dedicata all'angelo combattente, che si trovano subito varcato l'arco d'entrata al perimetro della rocca. 



Anche l'immagine della dea Atena mi ha incuriosito: 



poco lontano da castello, in località Spinera, si trovano i resti di un tempio romano dedicato a questa divinità femminile, edificato nel luogo in cui gli indigeni si dedicavano al culto delle acque.

A proposito di culti, in paese abbiamo visitato la chiesa di Sant'Antonio con una strana facciata arrotondata e asimmetrica.



All'interno un'unica ampia sala a volta presenta un presbiterio completamente affrescato. La pala d'altare raffigura la Vergine in trono tra i santi ed è attribuita a Callisto Piazza, operante in Valle Camonica nel XVI secolo.




A Breno ci sono tanti altri luoghi interessanti come il Museo Camuno o l'orientaleggiante Villa Gheza, ma questa volta non abbiamo fatto in tempo a vedere tutto. Torneremo sicuramente.







domenica 23 giugno 2024

PIEMONTE: MONFERRATO, L'EPOPEA DEL MINATORE

Chissà se tra voi qualcuno si interessa all'archeologia industriale! Effettivamente si tratta di un argomento particolare. So per certo, però, che a tantissime persone piace fare lunghe camminate, quindi scrivo di qualcosa che unisce le due attività: camminare nella natura alla ricerca delle tracce dell'industria del cemento in Monferrato.




Casale dalla fine dell'Ottocento agli anni Settanta del Novecento fu la capitale indiscussa per la produzione di questo materiale in Italia, grazie alla presenza nelle colline circostanti della marna, un tipo di pietra calcarea ideale per quel prodotto. Per chiarezza è meglio spendere un paio di parole sul cemento che è definito un legante creato cuocendo in forni industriali materiali naturali come pietre calcaree, appunto. Dalla cottura clinker che viene macinato assieme a piccole quantità di gesso ed altri materiali inerti e da qui, come per le torte, a seconda della quantità dei vari ingredienti miscelati, si possono ottenere malte o calcestruzzi. 

Nel 1876 la Società Anonima Fabbrica di Calce e Cementi di Casale per prima in Italia mise a punto la produzione industriale di cemento Portland. Questo, conosciuto anche come "cemento idraulico", ha la proprietà di far presa e indurirsi in presenza dell'acqua, con cui reagisce chimicamente e forma un materiale con eccellenti proprietà leganti. Si chiama Portland dal nome di una pietra calcarea dell'Inghilterra meridionale dove venne sperimentato questo cemento.

Se il Monferrato casalese diventò la capitale del cemento italiano, lo si deve all'ottima qualità della pietra calcarea locale: la marna. Questa veniva estratta dalle cave di Coniolo, Quarti di Pontestura, Vialarda, Rolasco, San Giorgio, Brusaschetto, Camino, Verrua Savoia...




La marna estratta poi doveva essere trasferita in pianura dove era lavorata negli impianti industriali, ad esempio a Morano Po. Esistono nei dintorni di Casale molte tracce di vecchi stabilimenti e infrastrutture in disuso ormai obsolete, ma che sono affascinanti e interessanti per capire la storia del Monferrato e del Piemonte.






Passeggiando lungo il Po nella zona di Rolasco ho seguito uno dei tanti percorsi segnalati. Ho trovato tracce di un vecchio attracco per le chiatte che trasportavano il materiale grezzo dalla collina a Morano attraversando il fiume e i piloni di una della molte teleferiche.





Ho anche saputo di un "vecchio paese di Coniolo", abbandonato negli anni Venti del Novecento a causa dei crolli dovuti alla cave, paese ricostruito poi più a monte. Ruderi di Coniolo vecchio sono da cercare camminando nel bosco, dove qua e là resistono le soglie di alcune case.




Con il sempre maggior utilizzo del cemento per la costruzione di edifici, scale, pali, strade, ponti, dighe, gallerie, la produzione venne incrementata sempre più e la storia del cemento a Casale divenne un'epopea.

Il MiCeM, il Museo dei Minatori delle Miniere del Cemento del Monferrato Casalese ad Ozzano, in località Lavello, grazie alle associazioni che lo sostengono, lavora nell'intento di far conoscere e salvaguardare il patrimonio culturale dell'industria dei leganti che nel secolo scorso hanno influito sull'aspetto socio-economico di Casale, nel tentativo di valorizzare soprattutto la figura del cavatore, vero protagonista del lavoro in miniera.






Nella struttura sono raccolti tanti oggetti corredati di spiegazioni precise e dettagliate.






Accompagnata dai volontari del museo ho percorso tre chilometri e più lungo le strade dei vecchi stabilimenti e delle miniere. Un giovanotto di novant'anni, Luigi, che nella sua vita è sempre stato a stretto contatto con questo  mondo facendo il minatore e poi l'operaio, mi ha raccontato storie interessanti e aneddoti commoventi.




Sono molti i siti in collina e in città che offrono la possibilità di conoscere questa lunga storia piemontese. A Casale, nel piazzale di fronte alla sede della Buzzi Unicem, si può passeggiare tra i vecchi macchinari ed insegne d'epoca.




E' chiamato "Parco Tecnologico" perché i macchinari, rimasti per molto tempo abbandonati negli stabilimenti, sono collocati in un giardino pubblico ampio e ben curato con cartelli esplicativi. Restaurati e trattati con vernici protettive, testimoniano la storia del lavoro, finalmente liberi di riposare all'aria aperta, come dovrebbe essere per ogni pensionato!

Ci sono per esempio piccoli locomotori per il trasporto della marna datati dalla fine dell'Ottocento agli anni Cinquanta del Novecento, mulini di macinazione, altri congegni rotanti che non mi addentro a spiegare ed un bellissimo dipinto murale che celebra l'azienda.




Sempre in città è in restauro il grande "paraboloide" Buzzi, ex deposito di stoccaggio del clinker, importante testimonianza di archeologia industriale in cemento armato degli anni Trenta.






Interessante è anche la "Furnasetta" la piccola antica fornace in viale Ottavio Marchino. Sfido poi chi passeggia per la città a scovare inconsueti utilizzi del cemento, impiegato spesso con funzioni inaspettate!




La produzione del cemento a Casale non è un capitolo chiuso: la Buzzi Unicem è una fiorente multinazionale e rappresenta ancora un orgoglio dell'imprenditoria monferrina.




sabato 22 giugno 2024

LOMBARDIA: ISEO, DANSER AVEC LA MORT

Danzare piace a molti, me compresa: mi diletta abbandonarmi alla musica di qualsiasi genere e seguire ogni ritmo, almeno finché i menischi me lo permetteranno. Danzare con la morte però mi inibirebbe parecchio, anche se fosse un ballo in discoteca dove è previsto non sfiorarsi nemmeno: sarei sfuggente, non solo con lo sguardo.

Nel Medioevo e oltre, invece, pare che danser avec la mort fosse un'abitudine e ne sono testimonianza svariati dipinti raffiguranti danze macabre in diversi luoghi sacri d'Europa. Un esempio interessante ed eloquente si può ammirare durante una Libera Uscita ad Iseo, il borgo affacciato sull'omonimo piccolo lago lombardo.




Vicino all'antichissima Pieve di Sant'Andrea, che secondo la tradizione fu fondata nel VI secolo da San Vigilio, vescovo di Brescia, si trova la chiesa romanica di San Silvestro, costruita nel XIII secolo. 




Questa fu sede dei Disciplini della Santa Croce fino a quando questa confraternita fu soppressa nel 1797. Secondo alcuni documenti storici già nel 1258 a Perugia esisteva un piccolo gruppo di Disciplini, laici che percorrevano la città flagellandosi e implorando il perdono di Dio, ma solo nel XV secolo gruppi di penitenti si organizzarono in folte confraternite che si riunivano in oratori appositi, non lontano dalle Parrocchiali. Oltre a fustigarsi, pregare e pentirsi, il loro scopo era portare assistenza a poveri, malati e preparare "cristianamente" le salme alle esequie. Questo avveniva anche ad Iseo. Nel 1985 nella zona absidale della Chiesa di San Silvestro, all'altezza del pavimento, è stata rinvenuta la rappresentazione di una danza macabra goticheggiante, un affresco datato alla fine del Quattrocento.




Si tratta di otto riquadri dipinti in tonalità bruno-ocra, in cui sono rappresentati personaggi di vari ceti e professioni, tutti irrimediabilmente e democraticamente assediati da un cadavere scheletrito e soddisfatto di poter accompagnare il malcapitato o la malcapitata in una danza mortale.







Gli studiosi pensano che l'anonimo autore di questi affreschi abbia utilizzato come modelli le incisioni a tema macabro inserite nel Livres d'Heures a usage de Rome dell'incisore e stampatore francese Philippe Pigouchet, attivo tra il 1488 e il 1518.




Effettivamente, confrontando le immagini in mostra a San Silvestro, gli affreschi e le incisioni sono molto simili.




Va bene, tutto molto interessante, ma siccome di andare a danzare con al morte per il momento non ne ho proprio voglia, continuo la mia Libera Uscita gustando un grosso gelato, osservando Monte Isola, passeggiando al ritmo delle allegre musiche estive che sfuggono dai vivaci locali affacciati sul lago. 




Anche a pentirmi del peccato di gola ci penserò più in là.